È illegittimo costituzionalmente, in riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost., l’art. 628, primo e secondo comma, c.p., nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata sia diminuita in misura non eccedente ad un terzo quando per la natura, specie, mezzi, modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità. Il secondo comma dell’art. 628 c.p., estende una parificazione del trattamento sanzionatorio previsto per chi «adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità» (cd. rapina impropria) a chi, «per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene» (rapina cd. propria). La differenza è sostanziale e la cd. rapina impropria ha visto una sua grandissima applicazione pratica soprattutto per fatti di lieve valore economico commessi da persone non abbienti. Il regime sanzionatorio di questo reato, ha registrato, nel corso del tempo, un progressivo inasprimento che ha interessato principalmente il minimo edittale della pena detentiva. Originariamente determinato in tre anni, tale minimo è stato aumentato a quattro anni della legge 103/2017, ed ulteriormente incrementato a cinque anni della 36/2019. Questo inasprimento sanzionatorio ha comportato importanti conseguenze in punto processuale con la preclusione a taluni riti alternativi. L’appesantimento del trattamento sanzionatorio ora illustrato per la rapina è analogo a quello che ha interessato l’estorsione, reato descritto dall’art. 629, comma 1, c.p. come la condotta di chi, «mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno». Per costante giurisprudenza di legittimità, la rapina si distingue dall’estorsione poiché nell’una la persona offesa subisce una violenza o minaccia «diretta e ineludibile», mentre nell’altra non vi è questo «totale annullamento della capacità del soggetto passivo di determinarsi diversamente dalla volontà dell’agente» (ex plurimis, Cass. pen., sez. II, 17 maggio 2023, n. 21078). Con la sentenza n. 120 del 2023, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 629 c.p., «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità». Sulla scia dei precedenti relativi al sequestro di persona a scopo di estorsione (sent. 68/2012) e al cosiddetto sabotaggio militare (sent. 244/2022), la sentenza n. 120 del 2023 ha osservato che la mancata previsione di una “valvola di sicurezza” al cospetto di un minimo edittale particolarmente aspro implica il rischio di irrogazione di una sanzione non proporzionata all’effettiva gravità del fatto estorsivo, ove il fatto medesimo risulti immune dai profili di allarme sociale che hanno indotto il legislatore a stabilire quel severo minimo Pur considerate le differenze tra le due fattispecie delittuose in esame occorre rilevare che il legislatore stesso, parificando i minimi edittali, dimostra di considerare i due titoli di reato omogenei quanto all’offensività astratta sull’implicito presupposto che la libertà morale debba essere protetta non meno che la libertà fisica. Per tali motivi, la Corte Costituzionale, interpellata dal Tribunale di Cuneo, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, comma 2, del c.p., nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata sia diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità. Avv. Paolo Cuccurullo
Anche per l’estorsione, il minimo edittale di tre anni di reclusione, stabilito originariamente per la forma semplice del reato, è stato aumentato a cinque anni.
Viene poi, in via consequenziale, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, comma 1, c.p., ove non preveda la clausola di sicurezza summenzionata.